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Giovedì, 16 Luglio 2015 14:03

Leva obbligatoria? Ecco come riportare i neo-maggiorenni alle armi

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Stipendio congruo, non più di 6 mesi in caserma, ufficiali formati appositamente e utilizzo pratico dei soldati

in operazioni di sicurezza del territorio.

Così si può riscoprire il valore della naja.

militari parata

Ieri Matteo Salvini ha lanciato il sasso, dicendo che la Lega Nord è pronta a sostenere una proposta di legge per riportare in Italia la leva obbligatoria.

 
 

Al momento non sono stati resi noti i dettagli di quella che al momento potrebbe anche essere solo una proposta allo stato embrionale.

L’idea di riportare i 18enni italiani sotto le armi per qualche tempo è però più che sensata. Ci sono diversi motivi – come abbiamo spiegato ieri – per cui all’Italia e agli italiani farebbe bene sperimentare i disagi e le difficoltà della leva militare. Un periodo formativo che aiuta il ragazzo che cresce: lo educa alla vita, gli insegna a cavarsela da solo e gli permette di vivere in una società dove bisogna rispettare delle regole, esattamente come nel mondo del lavoro.

 

Tuttavia, per far si che una proposta simile diventi un disegno funzionante devono essere poste alcune condizioni, per evitare due derive: la prima, che il servizio di leva diventi un periodo per bivaccare inutilmente in caserma; la seconda, che non metta a repentaglio la professionalizzazione delle Forze Armate.

“Non voglio combattere al fianco di chi non ha faticato per guadagnarsela e di chi non intende portarla con onore”, commentava ieri un militare la proposta di Salvini. Ecco quindi alcune possibili soluzioni.

Innanzitutto, la leva obbligatoria dovrebbe essere limitata ad un periodo di 6 mesi. Sufficienti per capire i meccanismi, per imparare l’uso delle armi, per interiorizzare la disciplina e per apprendere lo spirito di corpo che caratterizza i militari in gruppo guidati da un ufficiale.

 

Sufficienti ma non eccessivi, così da evitare il rifiuto che molti giovani (spesso studenti) riservavano alla leva militare per evitare di perdere un anno di studi. Alla fine del periodo obbligatorio, alla recluta che volesse continuare l’esperienza militare dovrebbe essere permesso di rinnovare l’arruolamento fino ad un anno, per ottenere “l’abilitazione” a partecipare ai concorsi che lanciano verso la carriera militare professionista.

Inoltre, lo spinoso capitolo della retribuzione. Il periodo di leva obbligatoria dovrebbe essere pagato dignitosamente, così da far comprendere anche l’indipendenza economica (seppur momentanea) a quei giovani che probabilmente fino ad allora avranno vissuto sempre sulle spalle dei genitori.

Sarà necessario poi pensare una struttura organizzativa a parte, con ufficiali istruiti appositamente, che divida l’esercito professionista da quello formato dalla leva obbligatoria. In questo modo i parà della Folgore o i Marò della San Marco continueranno a svolgere il loro ruolo nelle caserme e in giro per il mondo senza doversi preoccupare delle masse di ragazzi che per soli 6 mesi vestiranno l’uniforme.

Inoltre, anziché rimanere fermi in caserma, giovani adestrati potrebbero essere utilizzati per la gestione di calamità naturali ed emergenze e nell’operazione “Strade Sicure” che ora vede impegnato l’esercito nelle grandi città.

Anche alle ragazze – qualora lo desiderassero – potrebbero chiedere di arruolarsi per i sei mesi in sostituzione del servizio civile di pari durata cui altrimenti avrebbero dovuto sottostare.

Non dimentichiamo, ovviamente, che realizzare tutto questo avrebbe un costo economico non indifferente. Costo che non abbiamo preso in considerazione dettagliatamente, valutando però economicamente realizzabile assicurare l’addestramento militare di base a circa 500mila 18enni ogni anno (i dati Istat parlano di 509mila nuovi nati nel 2014).

Così da rendere la naja un “privilegio di tutti”.

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