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Sabato, 13 Luglio 2019 17:24

Torino, declino senza fine. La città del NO come il movimento che la dirige

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Lascia il Salone dell'Auto, Olimpiadi, zero piano giovani, così perdendo capacità attrattiva.

torino chiara appendino

Torino ed il suo Movimento 5 Stelle, erge e trasforma nella città del NO..!

Dalle Olimpiadi al Salone dell'auto, chiusura di discoteche e centri per il divertimento giovanile. I leader delle categorie più importanti del mondo produttivo, professionale, commerciale, culturale torinese, dai presidenti degli industriali a quello dei costruttori, dagli albergatori a chi, con finanziamenti ridotti al lumicino, deve mantenere le attività di importanti musei, gallerie, teatri. E poi ancora cosa lemntano i torinesi ? Ritardi nelle linne di trasporto con autobus sporchi ed in fiamme, aree verdi sporche e non tagliate, Tutti sostanzialmente lamentando la mancanza di una chiara visione sul futuro della città

 

Giovedì gli organizzatori del Salone dell’Auto di Torino hanno annunciato la decisione di spostare l’edizione del 2020 a Milano. È l’ennesimo evento del capoluogo piemontese che lascia, cambia location, minaccia di andarsene. Per di più, dall’odiata cugina. Così vicina geograficamente e così lontana nelle dimensioni in cui le due città si stanno muovendo. Se infatti Milano è nel suo periodo di massimo splendore, “the place to live”, la città della festa, unico posto in crescita nel paese, capace quindi di essere attrattiva anche nel resto del mondo; Torino è ormai la sbiadita e sfocata sorella della città “always on the move” che era stata in grado di impostare un modello innovativo e sperimentale di luogo di commistione tra cultura underground e grandi eventi, avanguardia tecnologica e artistica, capace di uscire dall’ombra lunga della Fiat. Una città che vive alla giornata in un clima depresso e rancoroso, dove le uniche cose che succedono sono ormai legate al famigerato comparto food (per ogni negozio e attività che chiude, apre un ristorante o un “luogo” dedicato al cibo: moriremo senza niente da fare ma grassi, e a chilometro zero) e che se non fosse per il Salone del Libro, del festival di musica avant-pop Club To Club, l’elettronico Kappa Future Festival e l’indie ToDays non avrebbe nessun ulteriore motivo di richiamo. Una città che va avanti per inerzia, depressa, malinconica e che comincia a essere anche un po’ rancorosa. Del resto, Torino ha sempre avuto un particolarissimo genius loci che le ha permesso di diventare quel particolare, perturbante, misterioso, obliquo che fece dire a Umberto Eco che «senza l’Italia, Torino sarebbe più o meno la stessa cosa. Ma senza Torino, l’Italia sarebbe molto diversa.» Un genius loci che adesso appare smarrito.

Una Chiara Appendino colpevole di non avercla fatta nonostante i promettenti proclami cambiamenti. Il Movimento cinque stelle M5S, si definisce democratico, ma di fatto ha anche anunciato di non voler concedere il referendum per la ZTL senza dar voce ai cittadini.

La maggioranza a 5S appare ogni giorno più traballante (l’addio del Salone dell’Auto è stato causato da uscite obiettivamente poco felici del vicesindaco Montanari - che si augurava grandinate che rovinassero la festa - e una fronda interna al gruppo consiliare di maggioranza, aprendo di fatto una crisi politica per cui, si dice, la Sindaca starebbe minacciando le dimissioni nonostante il pieno appoggio di Luigi Di Maio): loro sono solo dei politici non all’altezza del compito che hanno ottenuto, con un mandato pieno da parte di una cittadinanza che voleva cambiare dopo gli anni dell’opaca e poco appassionante amministrazione Fassino. Un amministrazione, quest'ultima, caratterizzata da una ipertrofia di Grandi Eventi a dispetto di quello che però è sempre stata la caratteristica principale della città - il tessuto diffuso ed esplosivo di cultura di avanguardia che si sviluppava nei quartieri (decine di scene che hanno fatto grande Torino negli ultimi trent’anni e che adesso non ci sono più) - e da una marcata differenza di atteggiamento nel trattare i problemi del Centro e quelli delle periferie, lasciate a loro stesse in quella che è diventata sempre più una vera e propria “storia di due città”. Insomma, i problemi arrivano da lontano, ma questa amministrazione sta facendo di tutto per accompagnare dolcemente il declino al suo naturale esito finale della prima capitale d'Italia.

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